PRECETTAZIONI:LA CAPORETTO DEI SINDACATI?

Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una modificazione qualitativa da parte del governo nella gestione dei rapporti con i sindacati. Specialmente nel trasporto pubblico si è assistito ad un aumento senza pari dello strumento della precettazione che comporta l’abolizione di fatto del diritto di sciopero.

Certo il governo ha operato, con diverse finalità, per accentuare la pressione sulle sigle che più hanno la superficiale nomea di una certa conflittualità, ovvero la CGIL e USB. Il ministro Salvini ha imposto la precettazione già a partire dall’incidente ferroviario di Brandizzo, lanciando dunque una sfida importante perché trattandosi di un fatto molto grave esso sfidava il sindacato proprio su una questione rispetto alla quale i sindacati avrebbero dovuto volenti o nolenti fare qualcosa. I sindacati confederali, compresa buona parte di quelli di base e “conflittuali”, si sono trovati a dover adattare la propria linea ad un evento simile.

La conseguenza è che da un lato quelli alternativi (come in particolare USB), hanno subito il colpo accentuato la propria linea capitolazionista, e cercato di spostare a fini mediatici e di facciata la contestazione sul piano giudiziario, i sindacati confederali, in particolare la CGIL, si sono volutamente arresi senza combattere. Dall’altro la CGIL ha costruito mobilitazioni volutamente prive di qualsiasi portato conflittuale per usare le “precettazioni” al fine di uno scambio di favori con il governo fascista in carica volto ad ottenere il monopolio assoluto nel campo della gestione del conflitto economico cercando così ad ottenere da quest’ultimo una sostanziale messa fuori-legge del sindacalismo alternativo.

Tutto ciò risulta però sempre più problematico. L’operato della CGIL contribuisce ad accentuare la crisi egemonica che incorre ormai da  decenni nel rapporto con i lavoratori. I lavoratori si distaccano sempre più dalla CGIL e dai sindacati confederali a causa della loro politica reazionaria ed antioperaia, senza con questo scegliere il “sindacalismo conflittuale” che non rappresenta di certo un’effettiva alternativa. Per quanto la CGIL possa contare ancora su un certo sostegno dei lavoratori, tale sindacato opera sempre più per dissiparlo e ridurlo ai minimi termini trasformando così lo stesso sindacato in un involucro burocratico privo di legami reali con le larghe masse. La sua natura e linea reazionaria lo sta portando nella direzione di diventare un’articolazione di un sistema corporativo sempre più caratterizzato dalla dipendenza dal governo fascista in carica.

Non c’è dubbio che la CGIL si stia ancora illudendo di poter dettare le regole del gioco e di essere in grado di imporre al governo oltre al monopolio assoluto della contrattazione sindacale anche l’ottenimento di nuovi spazi di potere e nuovi privilegi in campo economico utili a quella che ormai è un impresa di servizi a favore dell’aristocrazia operaia, di altri strati di lavoratori privilegiati e della stessa, quantomai ampia, burocrazia sindacale. Il crescente distacco dei lavoratori dalla CGIL e dagli altri sindacati confederali riduce in realtà i margini di contrattazione di queste grandi associazioni reazionarie di massa e quindi ne diminuisce sempre lo stesso potere di contrattazione alimentando così le aspirazioni del governo fascista in carica a voler fare tutto da solo senza dover rendere conto a nessuno, tanto meno agli stessi sindacati confederali.

In questo senso sia l’operato dei sindacati alternativi (in particolare USB), sia in particolare quello dei sindacati confederali (in particolare la CGIL) di fronte alle precettazioni  non ha fatto che rafforzare i propositi della Meloni di arrivare alla liquidazione  del sindacalismo alternativo ed ad un disciplinamento generale del sindacalismo confederale con relativo inglobamento dei relativi residui  in un unico sindacato di regime. Ossia di quel regime in preparazione attraverso il tentativo di cristallizzare con le prossime “riforme istituzionali fasciste” il governo.

Per intanto il governo Meloni continua ad illudere gli uni e gli altri ed a giocare su più tavoli nel tentativo da un lato di tenere il più possibili legati i sindacati alternativi che evitano di prendere di scontrarsi con il governo fascista e cercano di ottenere la rottura dell’attuale monopolio dei sindacali confederali; all’altro di spingere il più avanti possibile i sindacati confederali sulla strada del corporativismo statale al fine di raggiungere l’obiettivo che arrivino  ad impiccarsi con le loro stesse mani.

Le mobilitazioni della CGIL dei mesi successivi l’incidente ferroviario di Brandizzo dimostrano una certa capacità di mobilitazione, ma il numero di manifestanti è sempre più ridotto. Non è da escludere che nel proseguo si possa arrivare ad una conclusione simile alle attuali manifestazioni della sinistra radicale e dell’estrema sinistra, dove il numero di manifestanti coincide con i militanti e gli attivisti delle varie organizzazioni e associazioni.

Discorso diverso per USB, che ha con la sua linea capitolazionista ha cercato in tutti i modi di rimandare la questione e in un certo senso lo sta ancora facendo. D’altronde il bacino di riferimento di USB risulta diverso, anche se la strategia è in qualche modo complementare. USB cerca infatti di costruire mobilitazioni con una posizione superficialmente più a sinistra della CGIL, cercando un appoggio nel populismo “di sinistra” o in certi settori del Movimento 5 stelle. Ciò ha fatto sì che inizialmente USB si sia opposta alla precettazione, e abbia potuto farlo sulla base di una normativa che consente di ovviare questo problema in caso di gravi incidenti.

Ma la problematica si è ripresentata una volta che ciò non era più possibile. Infatti, una volta incassata la resa dei confederali, il governo ha capito che bisognava insistere e quindi ha imposto la precettazione allo sciopero del trasporto pubblico di USB del 29 settembre. Di fronte a ciò il sindacato USB si è trovato smarrito, non potendo più cercare scappatoie giuridiche ha rimandato lo sciopero al 9 Ottobre cercando di capire come rispondere. Quindi arrivati al 9 Ottobre, nominalmente lo sciopero era di 24 ore, ma in realtà tutto ciò risultava annacquato a seconda delle zone, mentre in certe fasce orarie il servizio risultava garantito. Così di fatto lo sciopero assumeva natura formale e simbolica, esattamente come gli scioperi dei confederali. Allo stesso modo USB cerca come la CGIL di rilanciare mobilitazioni che dimostrino il proprio ruolo, cercando sponde in determinate forze politiche, ma ciò risulta ancora più tragicomico nei numeri e nelle possibilità.

La stessa cosa si è manifestata ancora di recente. Il copione si è ripetuto. Lo sciopero del 27 Novembre di USB viene precettato dal ministro Salvini. Di nuovo lo sciopero viene spostato il 15 Dicembre. Dal punto di vista propagandistico USB rivendica questa giornata come un’opposizione alla precettazione, ma di fatto è una sua accettazione supina. Infatti sebbene USB cerchi di propagandare una presunta disobbedienza, in realtà lo sciopero è stato effettivamente di 24 ore solo nelle zone e nei settori al di fuori della precettazione stessa. Nei fatti USB accetta la precettazione, con la scusa delle ritorsioni che colpirebbero i lavoratori.[1] Come la CGIL, USB ha spostato il problema sul piano giudiziario, depositando al TAR una denuncia nei confronti del ministero. La disobbedienza, come dice il sindacato stesso, è solo “politica”.

Quando detto fino ad adesso attesta come di fatto i confederali e USB siano complici o capitolano di fronte ai processi di fascistizzazione in corso. Questo è un campanello d’allarme che deve invitare ad una seria riflessione, da parte dei lavoratori iscritti a qualsiasi sindacato, prima che sia troppo tardi. Se infatti la precettazione sembra per ora colpire solo i settori di pubblica autorità, le vittorie riportate in questo campo da parte del governo fascista lo spingeranno a replicare il tutto anche in altri settori.

D’altronde non è neanche sufficiente come per la maggior parte dei COBAS spostarsi sul terreno della logistica, rivendicando un suo presunto ruolo centrale. Il dinamismo delle meritorie lotte economiche in questi settori, pur essendo importanti e da sostenere, è permesso anche dai margini di sfruttamento e precarizzazione molto più alti che sono possibili in questi settori, composti da forza-lavoro nella maggior parte dei casi migrante. Dunque sembra in questi settori più facile ottenere qualcosa, dato che il punto di partenza è quello di un livello di semplice sopravvivenza.  Tutto ciò è più difficile nel settore pubblico, nonché nei settori del proletariato di fabbrica, dove comunque la CGIL mantiene intaccato il suo monopolio attraverso la FIOM.

Tuttavia le contraddizioni stanno sempre più macinando e anche nei settori della logistica potrebbe prima o poi arrivare la mannaia della precettazione. Prima che ciò avvenga, bisogna iniziare ad abbandonare l’ambito ristretto del sindacalismo e ragionare da un punto di vista politico. Se si rimane sul terreno sindacale si continuerà a cercare margini di manovra negli attuali rapporti di forza, sempre più al ribasso, spostando in avanti il problema fino a quando ciò non sarà più possibile.

Da questo punto di vista serve che i quadri sindacali e i lavoratori coscienti inizino ad assumere il piano politico di classe, subordinando la gestione del sindacato a questo piano stesso. E il piano politico non può che essere quello dell’organizzazione dell’opposizione allo Stato e alla fascistizzazione in corso in funzione di un’alternativa sociale complessiva. Senza assumere questo piano, nelle attuali condizioni,  non si può condurre una lotta economica che sia effettivamente difensiva e che contribuisca alla riconquista ed all’espansione delle libertà sindacali. Assumerlo però vuol dire farsi carico del lavoro per la formazione di un partito effettivamente comunista.

NUOVA EGEMONIA


[1]“Il 15 dicembre si potrà e si dovrà scioperare regolarmente dalle 9.00 alle 13.00, fatto salvo il rispetto di fasce garantite previste dagli accordi in sede locale, così come sono validi e regolari gli scioperi locali di 24 ore indetti, dato che nessuno di questi è stato interessato dall’ordinanza di Salvini.” link

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