105 ANNI DOPO: A PROPOSITO DELLE TESI DEL GRUPPO PROLETARI COMUNISTI-PCm SULA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE E SUL M-L-M

Sul sito di Proletari Comunisti-PCm, in occasione del 105° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, si propongono delle tesi errate su alcune questioni decisive del Marxismo-Leninismo-Maoismo (https://proletaricomunisti.blogspot.com/2022/11/pc-7-novembre-la-rivoluzione-dottobre.html).

È indispensabile criticare queste tesi che creano confusione nel nostro paese.

1.Sulla questione del rapporto tra teoria e pratica: Mao o Sorel?

Proletari Comunisti-PCm sostiene a proposito dello sviluppo del Marxismo in Marxismo-Leninismo come teoria guida della vittoriosa Rivoluzione d’Ottobre:

“Per tradurre il progetto dell’Ottobre nella realtà dell’oggi, dobbiamo assimilare come si realizza un “Ottobre”, cioè una rivoluzione autentica. Lenin ci ha dato insegnamenti fondamentali su questo, non certo partoriti a tavolino, ma partoriti e verificati in una storia gloriosa che ha raggiunto la verifica dei fatti, perché alla fine è la verifica dei fatti che conferma la giustezza delle teorie, delle idee e delle ideologie”.

Questa tesi è solo apparentemente corretta. In realtà si tratta di sorelismo e non di Marxismo. In questa tesi si sottovaluta il ruolo e l’importanza della teoria rivoluzionaria. Si nega che il Marxismo, e quindi il Marxismo-Leninismo-Maoismo è composto da tre parti fondamentali, inscindibilmente connesse tra loro: a) la filosofia del materialismo dialettico, b) la teoria economica del proletariato, c) la teoria politica e militare del proletariato, della rivoluzione proletaria e della continuazione della rivoluzione sino al comunismo. Lenin ha preso nelle sue mani la bandiera del Marxismo negli ultimi anni dell’Ottocento in Russia. Ha applicato in modo scientifico e creativo questa grande teoria alla formazione economico-sociale russa. Ha sviluppato il Marxismo nella lotta contro varie forme di revisionismo e di opportunismo. In questa lotta, condotta in particolare contro il populismo, l’economicismo e il liberalismo, ha costruito nel 1903 la frazione rossa, quella Bolscevica. Da quel momento si è sempre più sviluppata la lotta contro il menscevismo. In questa lotta il Marxismo si è a sua volta sviluppato in Marxismo-Leninismo. Lenin ha sviluppato la teoria economica di Marx. Ad essa ha aggiunto, come conseguente e necessario sviluppo, la teoria dell’imperialismo. Su questa base ha sviluppato la teoria e la strategia della rivoluzione proletaria internazionale, lottando a fondo contro la II internazionale e pretendendo l’immediata scissione di tutti i partiti aderenti a tale internazionale ormai asservita all’imperialismo. Questa teoria e strategia è stata la base della vittoria della Rivoluzione d’Ottobre. Senza lo sviluppo del Marxismo in Marxismo-Leninismo, non ci sarebbe stata questa grande rivoluzione. Di tutto questo Proletari Comunisti-PCm ci dice che quello che conta è la “verifica nei fatti”, perché “solo la verifica nei fatti conta”. Cosa sono i “fatti”? I “fatti” sono fenomeni estratti da un determinato contesto politico, storico, economico. La scelta dei “fatti” è soggettiva. La teoria dell’importanza dei fatti è di origine kantiana e culmina nel sociologismo positivistico. Da lì è transitata nel sindacalismo rivoluzionario di Sorel e nel bernsteinismo. L’operaismo italiano di Panzieri e Negri ha ereditato tutto questo. Proletari Comunisti-PCm ha una visione non solo empiristica, ma anche pragmatista: se una “teoria” ha successo allora è corretta, altrimenti non lo è. La teoria del M-L-M è espressione dell’intera pratica dell’umanità. È il punto più alto di sviluppo di questa pratica, della lotta tra ciò che è arretrato e ciò che è avanzato, della lotta tra reazione e progresso, tra contro-rivoluzione e rivoluzione. Proletari Comunisti-PCm dimentica che la teoria nasce sul terreno di una prassi di valore e significato universali e non su quello dei “fatti”. Sembra ignorare il principio che senza un’adeguata e corretta teoria di carattere universale non ci può essere una rivoluzione proletaria, e dunque nessuna reale pratica rivoluzionaria ma solo una pratica soggettiva, che giustifica l’arretratezza delle lotte immediate  senza elevarle in maniera cosciente, ma attaccandosi e fondendosi con esse in maniera codista  e riformista. Questo gruppo interpreta la pratica come faceva Bernstein quando diceva “il movimento è tutto il fine e nulla”. Bernstein intendeva per “pratica” proprio la pratica delle lotte economiche, di quelle rivendicative, delle lotte per le riforme, delle lotte contro i governi. Più modernamente questo gruppo interpreta la pratica come faceva Raniero Panzieri o Antonio Negri. Parlavano di pratica per fare riferimento alle lotte che promuovevano e che venivano richiamate come atte a confermare le loro stesse teorie. Senza riprendere e condurre a fondo la lotta contro l’operaismo non si può nemmeno parlare in Italia di una vera lotta contro l’economicismo.

2.La tesi trotskijsta circa l’asse della rivoluzione d’Ottobre

Proletari comunisti nel citato articolo afferma che l’asse teorico e pratico che ha permesso la Rivoluzione d’Ottobre, ossia la principale lezione di Lenin da assumere per sviluppare la rivoluzione nel nostro paese, è stata “la la trasformazione dello sciopero economico in sciopero politico e dello sciopero politico in insurrezione. Di questo occorre realmente prendere coscienza, senza che si sviluppano in un paese in grandi dimensioni scioperi economici, cioè scioperi generali come li chiamiamo, che mettano in discussione le condizioni di vita, di lavoro e di sfruttamento, non ci sono le condizioni perché le masse li possano trasformare in qualcosa di più alto. Questo è costantemente il compito dei comunisti, ma se i comunisti non sono dei predicatori disarmati hanno la necessità di considerare il passaggio dello sciopero economico come un elemento di base nel processo di trasformazione; questo non ha nulla a che fare con l’economicismo, ma ha a che fare con la materialità del percorso della rivoluzione”.

Bisogna ritornare a leggere il libro “La fabbrica della strategia: Trentatré lezioni su Lenin” scritto nel 1972 da Antonio Negri. Bisogna tornare a leggerlo per criticarlo. Nessuno in Italia ha mai veramente criticato Panzieri o Negri. Se si critica Negri dal punto di vista del M-L-M, si criticano anche queste tesi di Proletari Comunisti-PCm. Negri in questo libro falsifica Lenin, tenta di appropriarsi di Lenin per portare più a fondo l’attacco al Leninismo. L’operaismo non attacca mai frontalmente il Marxismo, il Leninismo o il Maoismo, ma sempre in modo indiretto, falsificandolo, trasformandolo nel suo opposto. L’operaismo ha imparato e applicato le regole della filosofia del post-moderno, se s’intende quest’ultima in senso lato e quindi ben prima di Lyotard. È vero che l’asse della Rivoluzione d’Ottobre è stato la “trasformazione dello sciopero economico in sciopero politico e dello sciopero politico in insurrezione”? È questa la “lezione di Lenin che i comunisti devono applicare in Italia per fare la Rivoluzione Proletaria? È completamente falso. Queste sono le lezioni di Negri e di Trotskij, non di Lenin. Lenin non ha mai sostenuto che prima bisogna sviluppare la lotta economica e poi quella politica. Non ha mai sostenuto che la rivoluzione proletaria nasce da un vasto movimento di lotte economiche. Ha invece detto il contrario. Ha sempre sostenuto che la lotta economica e la lotta politica nascono da presupposti diversi e che aspettare lo sviluppo della lotta economica per inserire in tale lotta la questione della politica è economicismo. La Rivoluzione d’Ottobre non è stata il prodotto dello sviluppo e della radicalizzazione insurrezionalista del movimento economico del proletariato. È stata un prodotto della costruzione del partito, del blocco operaio e contadino sotto l’egemonia del proletariato e della costruzione dell’esercito rosso. Sono ben note le tesi trotskijste sulla Rivoluzione d’Ottobre come espressione di un movimento di lotta di massa sempre più radicale e qui Proletari Comunisti ce le ripropone di nuovo in salsa operaista. Sono anche ben note le “lezioni” tratte da Trotskij sulla Rivoluzione d’Ottobre. È noto che la sintesi di tali “lezioni” è esposta nel suo “Programma di transizione”. Questo programma è insieme gradualista e vuotamente estremista. Lo schema di proletari Comunisti lo ricalca bene: sciopero economico, sciopero politico, insurrezione.  Certo, Proletari Comunisti-PCm se ne intende di Negri più di quanto se ne intenda di Lenin e quindi parla di insurrezione, ma intende insurrezionalismo. Che poi definisca tutto questo “guerra popolare” è ovviamente un altro modo per fare confusione sulla questione del M-L-M. Lenin ha scritto più di una decina di articoli contro gli economicisti, tra cui il testo del Che fare?, tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento per criticare proprio posizioni come quelle dell’Operaismo. Lenin ha scritto altri fondamentali articoli durante la I guerra mondiale per criticare gli “economicisti imperialisti”. Tutti questi articoli sono un riferimento tassativo per i comunisti, per i Marxisti-Leninisti-Maoisti. Non è ovviamente questo il luogo dove esporre le posizioni di Lenin. Lo abbiamo già fatto nel nostro libro “Attualità di Lenin: lotta economica, lotta politica, partito”, e lo rifaremo. Il nostro libro è composto da circa trecento pagine. In gran parte si tratta di citazioni tratte dalle opere di Lenin e Stalin. Poter polemizzare in modo sistematico con le posizioni del gruppo di Proletari Comunisti-PCm a volte è anche difficile. Non è un’organizzazione che ha un metodo di lavoro di partito. In fondo non dice mai nulla di particolarmente sistematico e organico. Non ha l’ombra di un programma, ha scritto delle tesi nel primo numero della sua rivista, che sono una sorta di esposizione dei risultati del bilancio della propria pratica ad uso dei propri militanti. Questo gruppo poi, prima tira il sasso e poi ritira la mano. In Italia sostiene una tesi, dall’altra parte, quando gli fa comodo, soprattutto nelle occasioni ufficiali o sull’arena del confronto internazionale tra marxisti-leninisti-maoisti, sostiene la tesi opposta.

3.A proposito dell’economicismo: come interpretare Lenin alla maniera di Sorel

Questo gruppo nel suo articolo afferma: “La seconda questione è la lotta contro l’economicismo. Si può parlare e gridare contro l’economicismo ma esso è un cancro… l’economicismo è il malato terminale di ogni idea di rivoluzione e di partito rivoluzionario. Abbiamo già detto quanto sia importante la lotta economica e quanto sia importante lo sciopero economico come brodo di coltura dello sciopero politico, ma questo non ha niente a che fare col considerare la lotta economica come il centro dell’attività. Il centro, l’impegno principale che i comunisti devono avere nella lotta economica è portarvi elementi di scienza e di coscienza. Una lotta in sé è una lotta in sé, una cosa quotidiana in una società, è la manifestazione fisiologica del sistema capitalistico”.

Questo brano è un ottimo esempio di come apparentemente si critichi l’economicismo per poi riproporlo in pieno. Di fatto questo gruppo critica l’economicismo alla maniera di Negri e dell’Autonomia Operaia, che consideravano economicisti chi non fa deviare le lotte economiche verso la “violenza rivoluzionaria”, la quale sarebbe di per sé lotta politica. Di fatto una concezione alla Sorel anarcosindacalista. Cosa intende questo gruppo per “economicismo”? Forse l’assenza di distinzione tra lotta economica e lotta politica, tra lotta contro i padroni e i governi e lotta contro gli assetti statali? Forse la mancanza di un programma politico per la costruzione di un Nuovo Stato a egemonia proletaria? Forse la negazione del primato della lotta economica su quella politica? Forse il rifiuto di porre sin dall’inizio la questione dell’iniziativa e della lotta politica? Niente di tutto questo. Questo gruppo considera economicismo il “mancato sviluppo della lotta politica a partire dalla lotta economica”, “dall’interno della lotta economica”. E tutto questo non ricalcherebbe il punto di vista negriano?

4.La singolare teoria dell’estremismo del gruppo di Proletari Comunisti-PCm

Questo gruppo afferma: “L’alternativa all’economicismo è sempre l’estremismo. Quando l’economicismo domina, e poi segue il riformismo e il revisionismo, la ribellione ad esso butta il bambino con l’acqua sporca, e l’estremismo è questo: malattia infantile; ma attenzione, infantile perché sono infantili gli estremisti non perché sono giovani, perché purtroppo per esempio nel movimento comunista di oggi l’estremismo è senile, parliamo di vecchie cariatidi che non hanno combinato nulla, o quando hanno fatto non hanno fatto un giusto bilancio e continuano ad ammorbare l’universo del movimento comunista con idee radicali a parole ma insensate nei fatti. Lotta all’economicismo e all’estremismo vanno insieme e nel movimento generale ci sono fasi in cui principale è la lotta all’economicismo e viceversa. Si tratta di un problema collettivo e non personale e va concepito come strumento della vita collettiva di un’organizzazione…”

Il linguaggio di questo gruppo non brilla per intelligenza. Questo gruppo ha l’abitudine di porre sé stesso, la “propria pratica” come modello universale. Ci sarebbero quindi “vecchie cariatidi” che non hanno combinato nulla e “vecchie cariatidi” che invece hanno combinato molto. Secondo Proletari Comunisti-PCm, l’economicismo e l’opportunismo di “sinistra” si escluderebbero a vicenda. Se si è “estremisti” allora non si è “economicisti”. Questo gruppo ignora che durante la I guerra mondiale Lenin definiva le deviazioni opportuniste di “sinistra” come “economicismo imperialistico”.  Analogamente, non sembra avere alcuna idea del fatto che Gramsci definiva, tra l’altro, una serie di tendenze opportuniste di “sinistra” come il trotskijsmo, il sindacalismo rivoluzionario, il bordighismo, il consigliarismo, ecc. profondamente segnate dall’ “economicismo”. La tesi di questo gruppo è semplice: chi non mette al centro la lotta economica come terreno dal quale far emergere la lotta politica e l’insurrezione è un “estremista”.

Da decenni il gruppo di Rossoperaio-Proletari Comunisti—PCm non pare aver fatto significativi bilanci autocritici. Si continuano a ripetere le stesse posizioni come se niente fosse successo rispetto all’ipotesi degli anni novanta di dare vita a dei sindacati alternativi a quelli confederali come base per una ripresa del movimento di opposizione di classe degli operai e dei proletari. Nemmeno lo stato di crescente crisi in cui versa il sindacalismo alternativo rappresenta per Proletari Comunisti-PCm un buon motivo, tra gli altri, di riflessione.

NUOVA EGEMONIA

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