Nei giorni scorsi il Collettivo ex-Gkn ha emesso un comunicato in dieci punti sulla vertenza tutt’ora in corso intitolato “Un testo lungo, ma necessario. Il punto reale sulla vertenza Gkn” ( https://www.facebook.com /coordinamentogknfirenze).
Si può distinguere una prima parte del comunicato incentrata sull’analisi della situazione attuale, da una seconda parte di carattere più esplicitamente programmatico. Nella prima si evidenzia la lenta ma progressiva agonia in atto e la mancanza di credibili prospettive. Un’agonia pilotata, si dice giustamente, ma anche continuamente mascherata e occultata al fine di imbrogliare le carte e depotenziare, smussare e pacificare l’iniziativa dei lavoratori per poi metterli, al momento opportuno, di fronte al fatto compiuto.
Nella seconda parte si mette l’accento sulla necessità dell’intervento del “capitale pubblico”, si parla inoltre di “fabbrica integrata”, di “controllo popolare”, di “azionariato popolare”. Non sembra che il Collettivo stia semplicemente puntando su un’organica pubblicizzazione dello stabilimento. Appare invece sempre più definita l’ipotesi della ricerca di ipotetiche forme ibride con tanto di coinvolgimento in forma societaria dei lavoratori.
Quello che è certo è che la fase dell’esplosione romantica della conflittualità sta giungendo alla sua conclusione. Sempre più emerge, dietro la cosiddetta “insorgenza”, una delle tante varianti di una linea da “sinistra sindacale” che oggi più che mai non è in grado di indicare una strada di classe ai lavoratori ex-Gkn e non.
Per quanto attiene comunque alla transizione a un’organica gestione ad opera del capitale pubblico, che comunque viene spesso richiamata dal Collettivo, non solo sembra oggi, nello specifico di tale vertenza, in gran parte illusoria, ma essa non può che operare per spezzare una prospettiva di organizzazione sindacale unitaria di classe del proletariato.
Classe quest’ultima che oggi non può evidentemente puntare, nell’ambito del dominio economico e politico capitalistico, su una gestione e su un controllo pubblico delle imprese industriali. Questo perché in tale ambito, su scala generalizzata, questo tipo di gestione e di controllo possono essere solo esito di una nuova fase di Capitalismo di Stato non più incentrato, come accade oggi, sul privato.
Quest’ultima fase è in prospettiva, nella crisi generale dell’imperialismo e nello sviluppo della guerra inter-imperialista e della relativa economia di guerra, più che probabile. In tal caso, ad approntarla ci penseranno i fascisti di turno, probabilmente con il pieno sostegno di settori dell’aristocrazia operaia e dei servizi e di componenti residuali dei sindacati confederali e alternativi e, dunque, non certo in funzione degli interessi della classe operaia e delle masse popolari.
Rispetto alla direzione sino ad oggi intrapresa dalla vertenza in atto, emerge una logica insieme corporativa e, almeno per quanto attiene l’effettiva difesa degli interessi di classe dei lavoratori, fondamentalmente illusoria.
Una prospettiva programmatica, quella che sempre più va delineando il Collettivo ex-Gkm, che lascia intravedere, come unica eventuale concreta possibilità, il passaggio della gestione dello stabilimento nelle mani di un’aristocrazia operaia operante al servizio delle esigenze di mercato, degli ordinativi, ecc. di questo o quel Capitale. Una gestione tale da affermare, come parte integrante o predominante di una nuova configurazione proprietaria e imprenditoriale, forme cosiddette sociali e cooperative di supersfruttamento e precarizzazione. Processo che non può che abbandonare per strada o allontanare dalla fabbrica settori più o meno rilevanti di lavoratori. D’altronde tutto questo trapela abbastanza chiaramente nel momento in cui il Collettivo ex-Gkn parla di controllo operaio e di controllo pubblico sull’ipotizzata nuova proprietà.
C’è differenza tra i compromessi che sul piano sindacale possono essere espressione più o meno sofferta di determinati rapporti di forza sanciti nel corso della lotta e, invece, le linee collaborazioniste e corporative per quanto mistificate romanticamente dalla radicalità dei linguaggi, delle parole d’ordine e, a volte, delle forme di lotta. Per quanto possa sembrare strano ai tanti tifosi della lotta del Collettivo ex-Gkn che non si occupano affatto di discriminare tra linee sindacali di classe e linee opportuniste, quello che conta dal punto di vista degli interessi operai è la lotta, l’organizzazione e la costruzione di un effettivo blocco operaio sindacale di classe. Non spetta agli operai arrampicarsi sui vetri per promuovere ipotesi prive di fondamento o perseguire proposte, non sempre illusorie, rappresentative degli interessi dei settori di aristocrazia operaia egemoni nella sinistra sindacale.
Quello che dunque da un punto di vista di classe si rende necessario è spostare l’asse della lotta per un tentativo di fuoriuscita dall’attuale situazione in direzione dell’organizzazione della mobilitazione e dell’unificazione sindacale di altre realtà operaie. È necessario fondere la lotta dei lavoratori ex-Gkn con l’iniziativa dei lavoratori delle fabbriche, quindi si tratta di superare le logiche mediatiche e movimentiste, sostanzialmente legate alla costruzione di un variegato movimento riformista nei fatti più che altro d’opinione, che sempre più caratterizzano la linea e la pratica del Collettivo.
Rimane però una questione di fondo. Tutta l’esperienza del sindacalismo alternativo, a partire dalla fine degli anni Ottanta, dimostra che senza la formazione di un adeguato partito politico rivoluzionario del proletariato la stessa iniziativa sindacale cosiddetta di classe, autorganizzata, antagonista o anticapitalista è destinata a degenerare nel movimentismo, nell’economicismo, nel collaborazionismo e oggi persino nei civettamenti odierni con il governo fascista Meloni.
Nuova Egemonia